La Colonia felice: utopia lirica (terza edizione)
omicida gli balenava nelle pupille - ma io ti sacrificherò, o intrusa, all'amante che mi obbligasti a tradire. Morte a quelli occhi che affascinàrono
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(come Noi forse eravamo di questa) o l'incontrollàbil passione; e, più ancora, pensando che - data la pena - quella di morte, sarebbe stata o troppa o
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guastasse, la pace? - dimandò Aronne. - A morte! - echeggiàrono tutti. - Ma, e chi potrà dire: or la pace è guastata? - ridomandò Aronne con astuta
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: «O Madre, o Madre, dalle tue profonde vìscere, alziamo lamentoso il canto. Tu, spento sole, con feconda morte, ànima e forma a noi sùsciti e cibi. E
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trattenersi di offrirgli, con espansione, la destra. Ma il Letterato càddegli innanzi a' ginocchi: - Morte! - egli disse - ecco quanto ci spetta. Una
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raggiunge la morte. - S'arrestò il Letterato di botto, e gittossi a ginocchi, implorando pietà. Smarrita la lingua, favellava coi gesti. - Io non venni
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, benchè morte, odio immortale spiranti. Senonchè, un giorno, fu il dono un innocente augellino; di quelle voci vestite di penne, figlie d'arcobaleni e
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, stendendo loro una palma negra e pesante che nessuno toccò - Ah, li avete stanati i crocifissi, vojaltri! ... Gran segugi, voi, di fiutare la morte